Report INMP 2016 - Ricerca antropologica presso il Centro di Primo Soccorso e Assistenza (CPSA) di Lampedusa, maggio-settembre 2015
Il report Ricerca antropologica presso il Centro di Primo Soccorso e Assistenza (CPSA) di Lampedusa, maggio-settembre 2015 rappresenta l’esito di un’indagine antropologica che l’INMP ha condotto nell’ambito delle attività di supporto sanitario multidisciplinare all’équipe medica dell’ente gestore del CPSA di Lampedusa. Un gruppo di specialisti dell’Istituto, medici, psicologi, mediatori transculturali e antropologi ha partecipato attivamente alle “azioni” e alle “pratiche” di primo soccorso sanitario realizzate dagli operatori del Centro per la popolazione migrante forzata giunta sull’isola dal mare nel corso dei sette mesi (maggio-novembre 2015) di validità del progetto Svolgimento prestazioni sanitarie specialistiche nel Centro di Primo Soccorso e Assistenza (CPSA) dell’isola di Lampedusa finanziato dal Ministero dell’Interno.
La ricerca antropologica ha indagato le esperienze delle persone migranti accolte presso il CPSA di Lampedusa e ha avuto il fine di analizzare e comprendere: 1. l’influenza del viaggio migratorio e della permanenza nei paesi attraversati sulla salute delle persone; 2. l’esistenza di una “progettualità” anche nella migrazione forzata; 3. le aspettative delle persone all’arrivo presso il CPSA.
Il lavoro ha comportato una fase di start-up in cui è stata progettata la ricerca e gli strumenti di rilevazione dei dati qualitativi/quantitativi: questionario per l’intervista, database, diario di campo. È seguita una fase di rilevazione del dato etnografico e, in conclusione, una fase di analisi e di restituzione dei risultati emersi. La raccolta dei dati etnografici è avvenuta mediante il metodo dell’osservazione partecipante, le tecniche dell’intervista semistrutturata e il questionario a risposta aperta/chiusa.
Sono state realizzate un totale di 113 interviste in particolare a uomini di età media intorno ai 25 anni, celibi, con un livello di studio medio basso, provenienti dalle aree del Golfo di Guinea e dal Corno d’Africa.
Si è potuto osservare che la migrazione forzata è dipesa in particolar modo dalla mancanza di risorse economiche e dalla percezione di minacce all’incolumità e alla dignità soggettiva e collettiva.
Il 39% delle persone intervistate ha subito forme di violenza prima della partenza e, in percentuali più basse, è stato detenuto nel proprio contesto di origine; dati che subiscono un incremento altamente significativo nel corso del viaggio e nel soggiorno libico.
Oltre il 63% ha dichiarato uno stato di salute tra buono e ottimo, anche se il 64% si è rivolto ai medici del centro di accoglienza.
Le persone migranti che hanno subito numerose violenze tendono a “naturalizzare” queste esperienze traumatiche. Simili biografie rendono prezioso il lavoro etnografico in un’ottica conoscitiva, analitica e restitutiva. Includere tale indagine in un contesto di prima assistenza dà la possibilità di potenziare e migliorare le strategie di presa in carico e cura di questa eterogenea popolazione. Dalle interviste sono emerse profonde risorse individuali e collettive. È stata osservata, tuttavia, la difficoltà di far dialogare l’immaginario precostituito dei migranti sull’accoglienza italiana con la realtà contestuale. Simili difficoltà, riconducibili anche a livelli paralleli di diversità socio-culturale, suggeriscono adeguate azioni finalizzate al loro superamento.
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