Salute degli immigrati e disuguaglianze socioeconomiche nella popolazione residente in Italia valutate attraverso la rete degli Studi Longitudinali Metropolitani
È stata pubblicata la monografia “Salute degli immigrati e disuguaglianze socioeconomiche nella popolazione residente in Italia valutate attraverso la rete degli Studi Longitudinali Metropolitani”, supplemento di Epidemiologia & Prevenzione, rivista dell'Associazione Italiana di Epidemiologia (ed. 2019; n. 43, 5-6, settembre-dicembre).
La monografia è stata realizzata nell’ambito di due progetti coordinati e finanziati dall’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà (INMP), sotto la supervisione scientifica dell’Osservatorio Epidemiologico Nazionale per l’Equità nella Salute (OENES) dell’INMP, e presenta evidenze derivanti da informazioni rese disponibili dalla collaborazione di centri epidemiologici aderenti alla rete degli Studi Longitudinali Metropolitani (SLM). Nello specifico, i risultati degli studi, condotti in alcune città di dimensioni grandi e medie (Torino, Venezia, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Roma), derivano da dati longitudinali, cioè raccolti nel corso del tempo, integrando le anagrafi comunali, il Censimento Istat della popolazione e i sistemi informativi sanitari.
È noto che in Italia sono presenti, con intensità eterogenea nel Paese, disuguaglianze in tutti gli esiti di salute, considerando per le più importanti dimensioni di posizione socioeconomica. Alcuni sottogruppi di popolazione, in particolare gli immigrati, risultano inoltre particolarmente vulnerabili allo svantaggio nella salute. Benché in Italia l’accesso ai servizi sociosanitari sia garantito alla popolazione immigrata residente dalla presenza di un Servizio Sanitario Nazionale di stampo universalistico e da una legislazione complessivamente favorevole, permangono ancora forti squilibri e disomogeneità sul territorio nazionale nel garantire i livelli essenziali di assistenza a questa popolazione.
Il volume presenta evidenze originali sulle disuguaglianze di salute, sull’accesso ai servizi sanitari e sulla salute della popolazione immigrata in Italia, ma anche tra fasce sociali dei cittadini italiani. Ma quali sono stati i principali risultati emersi?
Attraverso la rete degli Studi Longitudinali Metropolitani, è stato innanzitutto possibile studiare le disuguaglianze socioeconomiche osservate tra la popolazione residente in tutti i centri considerati, sia pure con differente intensità a seconda dell’indicatore considerato. Ad esempio, si è rilevato come le persone che vivono sole o in nuclei familiari monogenitoriali hanno maggiore probabilità di decesso, il che sembrerebbe confermare il ruolo protettivo di un nucleo familiare forte nei confronti della vulnerabilità causata da motivi di salute. Il riscontro di una più elevata mortalità tra chi vive in un’abitazione disagiata, conferma che una risorsa materiale come la qualità dell’alloggio, rappresenti a tutti gli effetti un indicatore di posizione sociale in grado di influenzare la salute in tutte le aree metropolitane considerate.
Gli studi confermano che le condizioni di salute degli immigrati sono complessivamente migliori rispetto a quelle della popolazione autoctona, seppur con una certa eterogeneità per area di provenienza e tra i centri partecipanti al progetto.
Rispetto agli italiani, tra gli immigrati sono complessivamente più bassi i tassi di mortalità (del 17% tra i maschi e del 30% tra le donne); fanno eccezione le persone provenienti dall’Africa sub-sahariana, tra le quali si registrano tassi di mortalità superiori a quelli degli italiani e degli stranieri provenienti da altre aree (del 33% tra gli uomini e del 69% tra le donne).
Gli stranieri si ricoverano meno degli italiani, tranne che per malattie infettive e malattie del sangue, mentre tra le donne per cause legate a gravidanza e parto. I tassi di ricovero, nel complesso, sono inferiori in tutte le città, in regime ordinario, ma ancor più in day-hospital. Inoltre, sia pure in un contesto di forte variabilità tra centri e aree di provenienza, tra gli stranieri (maschi adulti) si registra un rischio complessivo del 34% più elevato di ricoveri evitabili, vale a dire per cause che avrebbero potuto essere trattate in un setting ambulatoriale. L’insieme di questi risultati è motivo di riflessione e sembra suggere la presenza di disuguaglianze nell’accesso all’assistenza sanitaria territoriale per gli stranieri.
La salute materno-infantile è l’area di salute più critica per la popolazione immigrata. Tra i figli di donne immigrate, in particolare se africane, sono più elevate la mortalità neonatale (71% in più) e post-neonatale (63% in più), rispetto ai figli di italiane. Si osserva una mortalità maggiore tra gli stranieri (24% in più) anche tra i bambini di 1-4 anni. Gli eccessi riguardano in particolare gli immigrati provenienti dall’Africa settentrionale e subsahariana e quelli con più di 5 anni di permanenza in Italia. Per i bambini di origine straniera, molti dei quali appartengono alla seconda generazione, la maggiore mortalità registrata potrebbe suggerire la presenza di condizioni di contesto familiare più sfavorevoli, a partire da quelle legate allo svantaggio socioeconomico, osservazione tanto più preoccupante se si pensa che gli studi sono stati condotti in città con un elevato standard di servizi socio-sanitari (Torino, Reggio Emilia, Bologna, Modena). Vi sono probabilmente fattori che ostacolano l’equità negli esiti riproduttivi che riguardano la condizione di immigrato in quanto tale e che potrebbero essere correlate alle barriere informali nell’accesso all’assistenza appropriata in gravidanza; inoltre, non è da escludere come, tra chi proviene dall’Africa sub-sahariana, gli esiti più sfavorevoli possano dipendere anche dalle condizioni di vita nei Paesi di origine.
I dati presentati in questo volume consentono di descrivere e monitorare le disuguaglianze socioeconomiche nella salute in ambito metropolitano e costituiscono, pertanto, un supporto prezioso per la programmazione di politiche mirate, anche considerando la centralità che il tema dell’equità nella salute sta assumendo nell’agenda politica, soprattutto in seguito agli effetti prodotti nel Paese dalla recessione e dalla crisi sociale.