«Così abbiamo portato il diritto alla salute ai migranti invisibili» - Su Health Desk intervista a Giovanni Baglio, epidemiologo INMP
Corpi magri e stanchi, occhi sgranati e una coperta per riscaldarsi dopo i giorni passati al freddo e al vento, in balia del mare. Dei vari Ahmed, Salam, Jamal, Mhamed ne sono sbarcati a migliaia nel 2014 a Lampedusa e in altri punti della costa italiana.
La maggior parte di loro non si trattiene molto nel nostro Paese. Pochi giorni, a volte qualche settimana, per poi cercare di passare oltre frontiera e arrivare in Nord Europa, il vero obiettivo del lungo viaggio da clandestini. Sono migranti di passaggio, di cui a stento ci accorgiamo. Per dirla con una parola "invisibili".
Sono stati ben 100 mila l'anno scorso, secondo i dati raccolti dalla Croce Rossa nell'ambito del progetto Praesidium. Siriani, afghani, somali, etiopi, eritrei, che hanno scelto di non richiedere protezione politica in Italia perché intenzionati a raggiungere un altro paese europeo e che trovano rifugio in alloggi di fortuna nelle periferie delle città.
Vivono in condizioni precarie, soli con il loro carico di bisogni insoddisfatti: di cibo, di vestiti, di servizi igienici. E di cure mediche.
Dal momento che per le istituzioni non esistono, infatti, non possono accedere all'assistenza sanitaria e di rivolgersi spontaneamente ai servizi sociosanitari neanche a parlarne.
La sanità si fa sul campo
Allora come aiutarli? In questi casi "bisogna fare la sanità pubblica con le suole delle scarpe", dice Giovanni Baglio, epidemiologo dell'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà (INMP), uno dei coordinatori di un innovativo progetto svolto nella Capitale.
Qui, l'INMP e l'ASL Roma B, insieme ad associazioni del privato sociale (Croce rossa italiana, Caritas di Roma, Medici per i diritti umani, Medici senza frontiere e Cittadini del mondo) hanno creato una rete territoriale "di prossimità" per assicurare prestazioni tempestive ed efficaci all'interno di due edifici occupati da migranti, via Collatina e Selam Palace, e di un insediamento spontaneo a via delle Messi d'Oro.
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