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"Una rete per la cura e l’assistenza alle persone senza fissa dimora": sulla rivista "Tecnica Ospedaliera" intervista al Dr. Fortino, Direttore Sanitario dell'INMP

"Una rete per la cura e l’assistenza alle persone senza fissa dimora": sulla rivista "Tecnica Ospedaliera" intervista al Dr. Fortino, Direttore Sanitario dell'INMP

Riportiamo di seguito una parte dell'inchiesta sulla medicina di strada realizzata da Pierluigi Altea per la rivista "Tecnica Ospedaliera" (Numero 3 - Marzo 2014), con l'intervista al Dr. Antonio Fortino, Direttore Sanitario dell'INMP. In allegato alla pagina è scaricabile l'articolo completo.

Un fenomeno in crescita
In oltre cinque anni di attività, l’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti per il contrasto delle malattie e della Povertà (Inmp), ente pubblico nato nel 2007, oggi centro di riferimento nazionale per l’assistenza socio-sanitaria alle popolazioni migranti e alle fragilità sociali, nonché centro nazionale per la mediazione transculturale in campo sanitario, ha assistito oltre 10mila persone, per la maggior parte immigrati, ma non solo. «Il problema delle persone senza fissa dimora», spiega Antonio Fortino, direttore sanitario dell’Inmp, «sta assumendo proporzioni importanti e ormai da alcuni anni non interessa più soltanto gli immigrati, ma anche tanti italiani, già in condizioni di fragilità, che a causa della crisi sono entrati a far parte di questa fascia di popolazione ancor più debole e vulnerabile». Secondo l’ultima indagine realizzata dall’Istat alla fine del 2012, in collaborazione con la Federazione Italiana degli Organismi per le Persone Senza Dimora, il Ministero del Lavoro e la Caritas italiana, le persone senza fissa dimora nel nostro Paese sono circa 50mila. «Sebbene sia solo una stima questa», fa notare Fortino, «considerando la difficoltà che si ha nel censire un fenomeno di per sé sotterraneo, anche perché in parte volutamente nascosto proprio dalle persone stesse che si trovano a vivere questa esperienza, tuttavia l’ordine di grandezza del dato è sufficiente a mostrare la gravità del fenomeno che per il 40% circa dei casi interessa cittadini italiani, sebbene la proporzione di stranieri nella nostra realtà, Roma, sia un po’ più alta della media nazionale, arrivando sino all’83%». Le persone senza fissa dimora vivono prevalentemente nelle metropoli: solo Milano ne conta circa 13mila, Roma 8mila, seguite a ruota da Palermo, Torino, Firenze e Bologna, tuttavia il fenomeno si sta allargando in modo preoccupante anche ad altre città più piccole e nelle zone periferiche del Paese. Un problema sociale grave, dunque, che interessa in modo particolare il mondo sanitario per ragioni evidenti. «Innanzitutto perché le persone che vivono in strada o in ambienti comunque inadeguati per grado di confort e igiene», spiega il direttore sanitario dell’Inmp, «sono più vulnerabili alle malattie. L’individuo, infatti, ormai è risaputo, non si ammala solo per effetto dei microbi, ma anche e soprattutto a causa delle condizioni socio-economiche in cui vive che, se non adeguate, possono indebolire l’organismo, le sue difese immunitarie: trovarsi un uno stato di povertà e di carenza alimentare, non avere legami familiari, più in generale trovarsi in uno stato di esclusione sociale espone le persone a rischi rilevanti per la salute». Chi vive in strada solitamente soffre di malattie respiratorie, fa sapere il medico dell’Inmp, di tubercolosi e patologie gastroenteriche, così come di scabbia e di ulcere della pelle a volte anche molto gravi, e ancora di tabagismo e alcolismo, oltre che di problematiche psicologiche e psichiatriche. «Per queste persone è tutto più difficile», spiega Fortino, «un banale disturbo agli occhi o ai denti può trasformarsi in un problema molto grave, ma non solo: tra i nostri pazienti non mancano neppure persone provenienti da contesti segnati da violenze etniche e da torture, da abusi sessuali di cui sono vittime le donne o da malattie contratte durante viaggi interminabili condotti in condizioni disumane». Per il medico e l’equipe che si prende cura del paziente senza fissa dimora non sempre è facile fare la diagnosi. «La percezione e i sintomi che lamentano queste persone», spiega Fortino, «sono più sfumati e imprecisati di quelli di un qualsiasi altro paziente, il racconto dei loro disturbi è frammentario: spesso utilizzano simbolismi che al medico o all’operatore sanitario, soprattutto se non abituati a operare in questo ambito, appaiono poco chiari». Le persone senza fissa dimora poi, aggiunge l’esperto, hanno un rapporto ambivalente con le strutture sanitarie: da un lato le evitano il più possibile, dall’altra le cercano perché sanno che negli ambulatori e negli ospedali possono trovare aiuto, ma anche solo un ascolto.
«Purtroppo, però, di fatto», precisa Fortino, «sovente giungono al Pronto Soccorso quando il quadro patologico è diventato davvero complesso: qui trovano operatori sanitari capaci che lottano con abnegazione lodevole per prendersi carico delle loro problematiche che però, purtroppo, non sempre si possono risolvere perché richiederebbero un approccio diverso, multidisciplinare». Così, può accadere che il paziente venga dimesso, quando invece avrebbe bisogno di un ulteriore aiuto, di farmaci e di un luogo dove fare la convalescenza, o al contrario che venga trattenuto impropriamente in ospedale. «Si stima che i ricoveri delle persone senza fissa dimora siano più lunghi degli altri di almeno il 25%», spiega Fortino, «d’altronde non potrebbe essere diversamente, almeno che non si trovino alternative alle degenze improprie».
Purtroppo, ricorda il dirigente dell’Inmp, dopo la Legge Turco, la 328, che ha dato un grande impulso al tema dell’integrazione socio-sanitaria ed è tuttora un punto di riferimento, le politiche successive non sono state coerenti, né sufficienti a dare risposta a questo come ad altri problemi. «Ci sono state iniziative importanti che hanno consentito la nascita di progetti di grande rilievo, come l’Inmp, per esempio», ammette Fortino, «tuttavia è mancata una strategia stabile e duratura per affrontare il problema delle persone senza fissa dimora. Attualmente è in corso un tavolo nazionale presso il Ministero del Lavoro per elaborare delle linee guida sul tema e contemporaneamente lo scorso 13 gennaio è stata avanzata in sede europea una proposta di risoluzione comune sulla strategia per i senzatetto».
Dal punto di vista pratico, le associazioni di volontariato, che storicamente rappresentano l’elemento fondamentale che ha spinto le politiche pubbliche a occuparsi di temi che altrimenti sarebbero stati completamente trascurati, secondo Fortino dovrebbero uscire dal proprio isolamento per lavorare insieme alle istituzioni che, a questo punto, aggiunge, «non possono più esimersi dal fornire risposte stabili e organizzate a fenomeni come quello dell’assistenza e della cura delle persone senza fissa dimora sul quale si gioca il diritto fondamentale all’uguaglianza delle persone».

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