Conferenza stampa di presentazione del progetto “Salute senza barriere: integrazione sanitaria dei cittadini privati della libertà personale”
Roma, 8 ottobre 2012
Casa circondariale Regina Coeli
Apre i lavori il dr. Mauro Mariani (Direttore della Casa Circondariale di Regina Coeli) che introduce alla stampa il progetto su un tema di grande interesse e importanza per il sistema carcerario: la presenza di detenuti stranieri è maggioritaria in carceri come Regina Coeli e gli operatori penitenziari vedono con grande favore iniziative di questo genere. Passa poi la parola ai relatori, coordinati da Alberto Bobbio (capo ufficio stampa del Ministero della Salute), che porta i saluti del Ministro Balduzzi e presenta tutti i relatori.
La prima a intervenire è il Vice Prefetto Maria Eleonora Corsaro (Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione - Ministero dell'Interno) la quale, in qualità di Autorità responsabile del FEI in Italia (Fondo europeo per l'integrazione dei cittadini dei Paesi Terzi) ha illustrato le politiche di integrazione alla base degli interventi finanziati dalla Commissione europea, in particolare verso le fasce vulnerabili - tra le quali figura appunto la popolazione detenuta - e i meccanismi di funzionamento del Fondo. Il Progetto "Salute Senza Barriere" è infatti finanziato nell'ambito della programmazione FEI 2011, e il Ministero ha adottato la modalità di executive body ovvero si è avvalso delle professionalità specifiche del Ministero della Salute e dell'INMP quali partner attuatori degli interventi di sistema su tutto il territorio nazionale. Il progetto rappresenta un'importante azione di capacity building, volta a migliorare l'erogazione dei servizi pubblici.
La parola va quindi al Vice Capo Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, dr. Luigi Pagano. Il DAP ha aderito immediatamente al progetto, anche perché la presenza di stranieri e la tutela della salute rappresentano realtà quotidiane nelle carceri italiane: solo per fare gli esempi di Regina Coeli, Poggio Reale o San Vittore, ogni giorno ci sono 50-60 nuovi ingressi, l'80% dei quali è rappresentato da cittadini stranieri. Dal punto di vista sanitario, il ritorno di patologie come la tubercolosi, piuttosto che le problematiche relative alla tossicodipendenza, sono gli ambiti di maggior interesse e attenzione, così come l'attuazione a macchia di leopardo della Riforma della medicina penitenziaria e il passaggio dal DAP al SSN: alcune Regioni funzionano benissimo, mentre in altre si stenta e anche quando le diverse istituzioni coinvolte riescono a parlare, non sempre sembra esserci una comunione di intenti sul significato delle parole. Per questo il DAP esorterà tutte le sue strutture alla massima collaborazione a questo progetto, in modo da garantire efficacia alle azioni.
Interviene il dr. Francesco Bevere (Direttore Generale Programmazione sanitaria – Ministero della Salute) che illustra brevemente l'evoluzione normativa del passaggio delle competenze in materia di medicina penitenziaria dal DAP al SSN e la ratio della Riforma, ovvero garantire l'universalità delle cure, obiettivo a tutt'oggi rafforzabile. Il D.P.C.M. del 2008 sottolineava infatti alcuni punti estremamente importanti per il cambiamento organizzativo ma anche per quello culturale, ovvero il passaggio dal concetto di assistenza a quelli di presa in carico e parità di accesso. Se e come ciò sia accaduto è una delle questioni che il progetto vorrebbe verificare. Anche se - sottolinea - la conoscenza dello stato di attuazione è importante ma non sufficiente per comprendere le specificità del problema. È un inizio, ma poi occorre andare oltre e capire che il cuore della riforma è il passaggio delle conoscenze, oltre che delle competenze. Quindi, a distanza di anni dall'avvio della Riforma è utile e imprtante verificare cosa sia stato recepito dalle Regioni, ma occorre soprattutto andare oltre la fotografia del presente ed entrare in valutazioni di merito, verso un concetto più globale di tutela della salute. Proprio venerdì (5/10/12 n.d.r.) scorso, l'ADN Kronos ha pubblicato dei dati improtanti: dal 2000 a oggi sono 2.056 le morti avvenute nelle carceri italiane, 736 delle quali per suicidio, 12 per omicidio e 30 per overdose; in tutto, sono 1.500 i casi sottoposti all'attenzione della magistratura. È necessario quindi formulare una riflessione complessiva sul sistema carcerario e su tutte quelle situazioni che compromettono l'effettivo esercizio del diritto alla salute.
Il progetto "Salute senza barriere" e gli interventi previsti vengono quindi illustrati dalla dr.ssa Concetta Mirisola (Direttore Generale INMP), che spiega brevemente anche il contesto nel quale è maturata l'idea progettuale, partendo da dati statistici sulla presenza di stranieri nelle carceri italiane e sulle principali patologie riscontrate tra le persone private della libertà personale, sia a livello europeo, sia rispetto alla situazione nazionale: dermatologia, infettivologia, igiene e salute pubblica, salute mentale. Sono tutte aree di criticità che vengono accentuate proprio in conseguenza dello stato di detenzione e per questo gli interventi informativi e formativi previsti del progetto si concentrano su questi percorsi disciplinari. Conoscere - e quindi formarsi - è il primo passo per una corretta presa in carico e soluzione del problema. In modo particolare quando si parla di cittadini con culture diverse, diverso approccio e diversa percezione della malattia e della cura. L'INMP è in prima linea da anni sul fronte della mediazione culturale e della multidisciplinarietà in ambito socio-sanitario ed è anche per questo - oltre che per l'esperienza maturata rispetto alla presa in cura delle fragilità, comprese quelle tipiche dell'ambiente carcerario - che l'Istituto è stato chiamato a operare in partenariato con il Ministero della Salute e in collaborazione con il Forum Salute in carcere. Oltre ai seminari informativi in 9 Istituti di pena del Nord, Centro e Sud Italia - il primo dei quali è in realizzazione proprio oggi nel carcere Pagliarelli di Palermo - saranno realizzati 4 percorsi di formazione in FAD per gli operatori socio-sanitari delle Asl coinvolte e una ricerca quali-quantitativa in collaborazione con l'Università di Torino, per monitorare l'attuazione e rilevare la percezione della Riforma e del diritto alla salute tra i detenuti, il personale socio-sanitario e quello di polizia penitenziaria. I risultati della ricerca e del progetto saranno presentati nel corso del convegno finale previsto a metà del 2013.
Chiude la presentazione del Senatore Roberto Di Giovan Paolo, presidente del Forum Nazionale Salute in Carcere che saluta anche tutti i rappresentanti del terzo settore presenti in sala e ricorda il contributo prezioso del volontariato nel sostenere il percorso della Riforma. È "senso comune" - afferma - l'uguaglianza del diritto alla salute, anche se esistono ancora, in alcuni ambiti, forti resistenze culturali. E non è vero neppure che "si stava meglio prima" come sostengono alcuni detrattori della Riforma. Si sta meglio adesso ma occorre fare di più. Si può infatti riflettere sulla medicina dentro per riflettere su quella fuori. Basta pensare agli OPG e al percorso in uscita del detenuto “psichiatrico”, che può essere esteso a tutte le persone che soffrono di disagio mentale. Grazie alla riflessione sugli OPG, forse possiamo portare frutti - in termini di cambiamento di approccio e di nuovi modelli organizzativi - a tutto il sistema. È il discorso delle detenute madri - caro da sempre a Leda Colombini - della Legge Cirielli, di quella sulle tossicodipendenze, della situazione relativa all'accoglienza dei migranti o del rimpatrio volontario o, infine, di quella delle persone in attesa di giudizio. Sono tutti numeri che dimostrano che queste leggi hanno fallito, che a prescindere dal colore politico del momento, è proprio l'impostazione "sicuritaria" a non funzionare. Penso che una realtà come l'INMP è un bene che ci sia e che sia stata confermata e rafforzata, così come penso che alcune notizie avrebbero dovuto avere risalto sulla stampa nazionale: solo il 29% delle persone che hanno avuto l'indulto è tornata in carcere; anzi, per leggerlo ribaltato: il 70% di coloro che ne hanno beneficiato è ancora fuori. Vuol dire che lo Stato ha fatto bene; vuol dire che conviene, anche alla collettività.
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